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«Superciclo» archiviato: volumi Lme giù del 10%

di Roberto Capezzuoli

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Martedí 24 Febbraio 2009

Purtroppo nel calendario cinese il 2009 è l'anno del Bue e non quello del Toro, che sarebbe assai benaugurante per le Borse mondiali. Tanto più lo sarebbe per i mercati delle materie prime, di cui la Cina è diventato il motore principale.
Per Alan Heap,Global Head of Commodity Research di Citi (Citigroup), l'anno in corso potrebbe riservare qualche impennata dei prezzi, in alcuni settori, ma i consumi reali paiono destinati a rimanere depressi fino alla metà del 2010, con le ovvie conseguenze sul bilancio domanda/offerta: il surplus di commodity, in particolare quello di minerali e metalli, rischia quindi di pesare sulle quotazioni per circa due anni.
Gli analisti sono rimasti scottati dalle previsioni eccessivamente ottimistiche sul «superciclo», che oggi sembra aver esaurito la sua corsa e conta solo una sparuta pattuglia di irriducibili sostenitori, convinti che la fase attuale sia una parentesi effimera. I più hanno invece adeguato le previsioni allo scenario del momento.
Michael Farmer, fondatore di Red Kite e gestore di uno dei più importanti fondi dedicati ai metalli, un anno fa dichiarava a gran voce che «il mondo dovrà imparare a valutare i prodotti grezzi su basi di prezzo più elevate».
Oggi l'entusiasmo si è sgonfiato e Farmer ritiene che la fase attuale sia solo l'inizio di «sette anni di vacche magre». Lo sono probabilmente per i gestori dei fondi sulle commodities: nel quarto trimestre 2008 i capitali gestiti sono scesi del 30%, a 144 miliardi di dollari, e la discesa non dovrebbe essersi interrotta in questa prima parte del 2009.
Il malessere è diffuso, ma non catastrofico, tra gli operatori dei metalli non ferrosi. Secondo Kevin Norrish, di Barclays Capital, la domanda toccherà il fondo nel primo semestre dell'anno ma successivamente si riprenderà. «A mio parere – ha dichiarato recentemente alla Reuters – dopo la doccia gelata si riaffaccerà un mercato rialzista, grazie ai piani di stimolo approntati da Pechino».
Intanto però la crisi si farà sentire. Martin Abbott, ceo del London Metal Exchange (Lme), prevede per l'anno in corso una flessione del 10% nel volume d'affari, il primo calo dal 2005, dopo che nel 2008 la grande Borsa dei non ferrosi aveva visto un aumento del 22%, a 113 milioni di lotti scambiati.
La situazione sconsiglierà all'Lme di varare, almeno per ora, nuovi contratti: quelli allo studio su cobalto e molibdeno rimarranno quindi nel cassetto. Il parere è condiviso da Stephen Briggs, di Rbs Global B&M: la disaffezione degli investitori farà ridurre i volumi e c'è molta incertezza anche sull'atteggiamento che terranno gli hedge fund, mentre più al riparo sembrano i Commodity Trading Advisors, speculatori che seguono i trend e le analisi tecniche.
Le mosse dei produttori sono sintomatiche. La cilena Codelco, il numero uno mondiale del rame, ha ridotto i premi chiesti ai clienti cinesi per le forniture nel 2009: pagheranno 72-75 dollari/tonnellata in più rispetto al prezzo settlement Lme, mentre nel 2005 avevano dovuto accettare un premio di 138 dollari.
I maggiori produttori di alluminio – dalla russa Rusal all'americana Alcoa, dalla Rio Tinto Alcan alla Norsk Hydro, dalla Century alle fonderie cinesi – hanno già ridimensionato notevolmente l'attività e la forza lavoro.
Quanto a Korea Zinc, il secondo raffinatore mondiale di zinco, ha tagliato la produzione del 10%, ma prevede che le sue entrate nel primo semestre caleranno del 38 per cento.
Ancora peggio si presenta il panorama dell'acciaio inox, nonostante i suoi produttori possano contare su costi in discesa per approvvigionarsi di nickel e di ferro-cromo. Nei primi nove mesi del 2008 la produzione mondiale aveva toccato 21,07 milioni di tonnellate, in aumento dello 0,7%, ma poi il tracollo è stato repentino, tanto che la coreana Posco ha ripetutamente abbassato la produzione e i listini, mentre la finlandese Outokumpu ha calcolato che gli ordinativi raggiungono a stento la metà della sua capacità produttiva.
Acciaio
I segnali di contrazione in siderurgia sono forti e chiari. Anche il future sulle billette, scambiato al London Metal Exchange, sta assistendo a un rallentamento delle coperture e dei prezzi. Nelle analisi di Fitch Ratings, la domanda non recupererà prima del secondo semestre e l'unica parziale consolazione per le acciaierie sarà il calo dei prezzi del minerale di ferro (valutato da Fitch in un -20/40%) e del carbone metallurgico (stimato a un -20% sull'anno scorso).
ArcelorMittal, numero uno mondiale, ha fatto buoni utili nel 4° trimestre 2008, ma ha tagliato produzione e forza lavoro perché prevede un calo della domanda quest'anno intorno al 7-10%. La Cina ha gli impianti che funzionano al 70-80% della capacità e i giapponesi guardano con attenzione a Toyota e Honda, i loro clienti primari, per capire non «se», ma «di quanto» tagliare. Per ora, Nippon Steel ha deciso di diminuire del 40% la produzione nel 1° trimestre 2009.
  CONTINUA ...»

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